“Inutile”. Se dovessi scegliere un aggettivo per descrivere quella che è la mia opera nel mondo secondo gli occhi di molte persone – a me più o meno vicine – sceglierei senza dubbio “inutile”. E non perché io mi senta così presuntuoso da voler fare la vittima di primo pelo, né tanto meno per fare la figura del radical chic. Semplicemente, mi accorgo troppo spesso che una delle mie occupazioni principali, cioè il tentare di vivere attivamente la filosofia nella vita di tutti i giorni, in questa società sia qualcosa di superfluo.
Nella società in cui vivo, cercare l’acqua su di un pianeta lontanissimo ha la stessa importanza del tutelare le riserve d’acqua dolce presenti sulla Terra. Nella società che respiro, consumare carta ha la stessa importanza del tagliare intere foreste per produrre risme. E non importa quanto voi possiate imbronciare il muso in questo istante, non importa quali riflessioni ponderate produca il vostro riflettere su queste quattro righe. Nella nostra società l’estinzione ha la stessa importanza della prosperazione.
Dati di fatto della società contemporanea, dove non esiste gerarchia dei valori perché l’unico valore è non avere una gerarchia di valori. Spegnersi con il minor numero di affanni e facendo più fuochi d’artificio possibile, lasciandoci alle spalle solamente il frutto (amaro) del nostro egoismo.
Umberto Galimberti definisce il “nichilismo” come il “portare le cose al nulla nel tempo più rapido possibile”. In questo senso la società contemporanea è profondamente nichilista.
Dire da cosa nasca questa sorta di crisi dell’essere umano richiederebbe lo studio di interi libri ma prima ancora necessiterebbe di un dialogo e di una riflessione aperti e ponderati.
Su questo crinale, a mio modesto avviso, si gioca la gara più importante della contemporaneità: parlare della crisi, leggere sulla crisi, tentare un approccio di sfida nei confronti della crisi, agire verso la crisi. Crisi dell’essere umano, crisi nell’essere umani.
Non stupisce il fatto che la ricerca scientifica si stia buttando a capofitto nell’analisi di vecchi e nuovi pianeti poiché, di fatto, vi sono tre grandi possibilità davanti all’umanità del 2021:
- Cambiare radicalmente il nostro stile di vita (parlo qui delle condizioni di vita di noi occidentali. Vedi, per approfondire: il benessere percepito, il benessere oggettivo e l’Overshoot Day).
- Trovare altri pianeti da abitare.
- Estinguerci.
Nessun’altra possibilità è concessa.
Quale delle tre alternative si verificherà nell’immediato futuro dipende principalmente da noi (la seconda possibilità sembra decisamente lontana per le nostre attuali potenzialità!). E mentre la NASA si affanna a trovare nuovi giacimenti d’acqua nelle cavità di Marte, la nostra epoca, l’era dei combustibili fossili, sta inevitabilmente tramontando ed il sovrappopolamento della specie è diventato un problema troppo importante per essere rimandato, ancora una volta, alle generazioni future.
Svegliandoci dal sogno utopico d’una umanità perfetta per natura e pacifica in eterno, ci scuotono bruscamente eventi reali come il picco di Hubbert, lo scioglimento del permafrost, le microplastiche, l’aumento della qualità della vita per i paesi del terzo mondo, il riscaldamento globale, l’inclusione sociale (silente ed inarrestata) della criminalità più o meno organizzata, la società liquida teorizzata da Bauman etc.
Per cercare di “supervivere” al di là della Terra, stiamo distruggendo la culla del vivere. Il “nostro” unico pianeta (o quello che ne rimane) è ridotto in cenere. Giorno dopo giorno, un minuto alla volta.
Per farlo stiamo mettendo al mondo figli ai quali non intendiamo più badare, i quali non sono mai stati desiderati e non saranno mai accuditi. Essi, nascendo già nel vuoto, agiranno per tornare al vuoto.
Le nuove generazioni (a partire dai cosiddetti “Millennials”) non hanno alcun sogno né alcun progetto e non guardano più al futuro, perché il futuro si è già sgretolando e si sta dissolvendo nelle mani di chi dovrebbe custodirlo per poi lasciarlo in eredità (senza innaturali attaccamenti individualisti!).
I neonati (la cosiddetta “Generazione Apha”) potrebbero perciò essere chiamati la “generazione baleno”: creature innocenti incatenate nelle schiavitù moderne dei valori “monouso” contemporanei. Angeli di terra costretti a lottare con tutte le loro forze per superare l’onda della distruzione planetaria. Nuotatori improvvisati col dovere di salvarsi (e forse anche di “scegliere di salvare”) dall’annegamento dell’umanità.
E se “distruggere e ricostruire” erano i verbi del ventesimo secolo, “rispettare e curare” dovrebbero essere i verbi del ventunesimo.
Non “oltrepassare”. Non “potenziare”. Non “superare”. Non “migliorare”.
Rispettare e curare.
Una falda acquifera impiega almeno una o due generazioni per rigenerarsi e può essere distrutta in un istante. Ma questo non lo spiegano quasi mai a scuola né tanto meno alle riunioni di condominio.
Ad maiora…
Luca Sbarbati, 27/08/2020